Perchè si uccidono le persone che hanno ucciso altre persone? Per dimostrare che le persone non si devono uccidere? Norman Mailer Quando una persona è vittima di un reato, la prima cosa desiderata da tutti (sia dai singoli che dalla comunità) è istintivamente la punizione del reo. La Scuola Classica della giurisprudenza propone una linea di processo e di condotta di punibilità partendo dal presupposto che il reato sia un’offesa nei confronti dello Stato. Parallelamente, la Scuola Positiva sposta l’attenzione dal reato alla figura del delinquente. In entrambe le scuole di pensiero la vittima sembra scomparire ed andare sullo sfondo, mentre emerge in tutta la sua forza quella che è la procedura, il protocollo che dovrebbe portare alla giustizia, con tutti i suoi attori: avvocati e periti. La vittima diventa così soggetto passivo di un procedimento, quello giudiziario, che la vede intervenire solo in alcuni momenti, spesso nell’asettica ed oggettiva raccolta dei dati e delle testimonianze. Chiunque venga, suo malgrado, proiettato in questo mondo, sa quanta ansia generi parlare con gli avvocati, con il giudice, col perito e contro perito, parlare in un luogo sconosciuto (la sala del tribunale) davanti a persone mai viste e, magari, con la presenza delle forze dell’ordine. In alcuni casi lo stesso procedimento giudiziario mette proprio la vittima in una posizione ulteriormente sfavorevole, caricandola di ulteriori pressioni e traumi[1]. Si parla in questo caso di vittimizzazione secondaria. Poco o alcuno spazio è lasciato al vissuto interiore, all’esperienza subita, alla confusione, all’impotenza che un giorno, di punto in bianco, sono diventati il quotidiano di chi ha subito una violazione. E’ bene, quindi, osservare che quando parliamo di Giustizia, facciamo comunemente riferimento ad un sistema che
Ma per qualsiasi altro aspetto, psicologico, sociale, di riabilitazione, di rimarginamento delle ferite, comprensione dell’accaduto, costruzione di senso e significato, sia la vittima che il reo sono lasciati completamente da soli. Esiste un “vuoto” proprio laddove la Giustizia limita il proprio intervento basandosi su di un sistema “Danno-Punizione”. Di recente sono state diffuse indicazioni di comportamento e di buona pratica per evitare il fenomeno della vittimizzazione secondaria. E’ in tale direzione che si inscrive la mediazione penale: sia la pressione politica esercitata dai movimenti a favore delle vittime, così come la nascita di un pensiero umanistico a favore delle vittime, diventano terreno favorevole per la nascita del modello di Giustizia Riparativa. Diversamente dalla Scuola Classica e dalla Scuola Positiva, la Restorative Justice affronta il rapporto fra reo e vittima partendo dal pensiero che “Il crimine è una violazione delle persone e delle relazioni interpersonali; le violazioni creano obblighi; l’obbligo principale è quello di ‘rimediare ai torti commessi”. La Giustizia Ripartiva, coinvolgendo il reo, la vittima e la comunità, tende a dare una risposta al reato attraverso la ricerca di possibili soluzioni agli effetti negativi e devastanti generati dall’azione criminosa; essa si presenta come una possibilità di scelta alla risposta della trasgressione. Suo obiettivo non è la punizione del reo bensì la rimozione delle conseguenze del reato attraverso l’attività riparatrice da parte dello stesso: vittima e reo con l’aiuto del mediatore (figura terza e imparziale) diventano protagonisti del processo. [1] La vittimizzazione secondaria è particolarmente frequente fra le donne che hanno subito maltrattamento da parte del partner. Solo di recente sono state diffuse indicazioni di comportamento e di buona pratica per evitare la vittimizzazione secondaria di queste persone. CORSO DI ALTA FORMAZIONE IN MEDIAZIONE DEI CONFLITTI E MEDIAZIONE PENALE Se sei interessato alla formazione come mediatore penale e vuoi conoscere gli ambiti in cui può lavorare, ti informiamo che sono aperte le iscrizioni al I Master di Alta formazione in Mediazione dei Conflitti e Mediazione Penale organizzato da AIMEPE Lombardia, che si svolgerà a Milano a partire da marzo 2020. Puoi trovare le informazioni del corso QUI, oppure scrivendo ad [email protected] Se l'articolo è stato di tuo gradimento, condividilo! Dott.ssa Monica Bonsangue, psicologa, psicoterapeuta, psicotraumatologa, esperta in dinamiche di violenza, formatrice internazionale. DISCLAIMER
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AutoreDott.ssa Monica Bonsangue, psicologa, psicoterapeuta e psicotraumatologa, esperta in dinamiche di violenza. Formatore internazionale. Autrice del libro "La violenza psicologica nella coppia. Cosa c'è prima di un femminicidio". Archivi
Gennaio 2022
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